E naso fu!
E’ ormai da più di un mese che sono rientrato al lavoro e che sto vivendo come una persona normale: con un naso attaccato al volto, ovverossia al grugno.
In realtà la protesi l’avevo dismessa dagli inizi di novembre, dopo la prima operazione di ricostruzione e mano a mano che proseguivano gli interventi prendeva sempre più forma la nuova protuberanza, ma è stato solo dopo il quarto intervento, avvenuto agli inizi di aprile, che si è delineato quello che sarebbe stato il risultato finale.
E così un mese dopo, eliminati punti, cerotti e croste varie, sono tornato a riprendere la mia vita normale.
Intendiamoci: il percorso di ricostruzione non è ancora finito. Sono in una fase di assestamento dei tessuti; in alcune parti sono ancora un po’ gonfio, c’è una piccola crosticina e la ferita frontale (dove è stato prelevato il tessuto di copertura e dove mi hanno raccomandato di espormi al sole con cautela – e con una buona crema solare) migliorerà con il tempo e a settembre dovrò affrontare uno o più interventi ambulatoriali per le “rifiniture” che la dottoressa ha già individuato.
Ma il più è fatto.
E l’essere umano si abitua subito alla novità (che nel mio caso è una normalità): il periodo trascorso da ottobre 2016 sembra un passato da dimenticare, anche se non è facile.
Durante una delle tante visite effettuate negli ultimi anni, nel corso di una discussione sulle opzioni chirurgiche o protesiche, un medico (giovane) mi disse: “Purtroppo ci sono persone sfortunate nella vita”.
“E già – risposi – per fortuna non è il mio caso: il mio compagno di stanza in ospedale è morto due anni dopo”.
Il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno a seconda di come lo guardi e soprattutto a seconda di come la pensi: potevo essere sotto terra da anni, invece sono ancora qui.
E spero di restarci ancora a lungo.
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