Confesso che (non) ho vissuto
Quando si diventa vecchi (come il sottoscritto) basta poco a scatenare una caterva (o valanga) di ricordi.
E’ tipico dei vecchi, come il controllo dei cantieri (e della prostata).
E’ bastato che oggi pomeriggio youtube mi proponesse improvvisamente questa vecchia canzone del 1980 per provocare uno smottamento di ricordi e rimpianti che mi porto dietro ancora adesso e chissà per quanto.
Avevo vent’anni allora, era il periodo delle discoteche, della spensieratezza, della “ricerca” delle ragazze (in gran parte infruttuosa, ahimè). Era il periodo della mia Alfasud appena comprata, dell’inizio dell’università, della presenza di genitori, amici e parenti accanto e intorno a me. E’ stato il periodo delle occasioni, in gran parte perdute (per merito mio, s’intende).
E allora mi è venuto in mente che il libro della mia vita si potrebbe intitolare come il titolo di questo post, speculare al libro Confesso che ho vissuto di Pablo Neruda, un libro che mi ha sempre incuriosito ma che non ho mai né comprato né letto.
Perché non ho vissuto?
E’ il grande dilemma della mia vita.
E’ vero che a vivere c’è tempo fino all’ultimo giorno della nostra presenza su questa bislacca terra, ma c’è un tempo per tutte le cose, e chi non ha vissuto il proprio passato è difficile che riesca a vivere il presente. Peggio ancora il futuro.
Arriva, arriva…
… la primavera, con le sue temperature miti che non sai mai come vestirti quando esci, il sole che riscalda le nostre povere ossa reduci da inverni freddi e umidi, i fiori che colorano giardini, aiuole, balconi.
La primavera è sempre stata la stagione nella quale più di altre avrei voluto fuggire da questa terra infame e rifugiarmi su qualche sperduta isoletta, a compiere le uniche tre attività che si confanno all’essere umano: mangiare, riposare e…
E invece quest’anno non solo non potrò fuggire (come del resto è sempre avvenuto), ma dovrò anche affrontare – fra una decina di giorni – le mie terapie post intervento chirurgico, per debellare definitivamente quello che (forse) resta del mio tumore.
Vabbe’, arrotoliamoci le maniche e prepariamoci.
Intanto, per non perdere l’abitudine, ho fatto un paio di uscite in bicicletta. La prima con la piccola e la sua bici nuova e la seconda ieri mattina, da solo. L’aria era pungente, ma si pedalava bene. Oggi pomeriggio mi faccio un altro giretto. In attesa, un giorno o l’altro, di poter pedalare su queste spiagge.
P.S.: nel frattempo, ho sostituito lo zucchero (anche quello di canna) nelle bevande con questa qui e ho eliminato dalla mia dieta i biscotti tradizionali, sostituendoli con quelli senza zucchero. Ma questo è un discorso più complesso, che magari faremo un’altra volta. Per ora limitiamoci a ascoltiamoci questa qui…
Un giorno, forse…
… qualcuno, sfogliando i miei libri, si ricorderà di me e delle mie riflessioni, dei miei ragionamenti, delle mie impressioni, come in questo caso.
Aprirà bauli di ricordi e sfoglierà pagine ingiallite e frasi sottolineate e parole evidenziate, testimoni inconsapevoli di fugaci pensieri, di lievi emozioni, di piacevoli momenti di solitudine.
Troverà qualche segno del mio passaggio su questa terra e, spero, sorriderà, guardando l’orizzonte.
Un giorno, forse…
(per ora sto qua!)