Non sopporto…
… quelli che parlano sopra agli altri, tipo trasmissioni televisive.
… quelli che ti rispondono ancora prima che tu abbia fatto la domanda (ammesso che tu volessi farla, una domanda).
… quelli che fanno le virgolette con le mani, che poi se gli chiedi di specificare meglio, ti dicono la stessa cosa, ma senza virgolette.
… quelle che mangiano e/o bevono durante le riunioni, perché “mi mancano gli zuccheri”, che poi si mangiano un pacchetto di patatine scrocchiando a tutto andare (io odio gli scrocchii).
E questo solo per stamattina.
Lavorare aggratiss?
Si è discusso nei giorni scorsi su alcune affermazioni di pseudo imprenditori (Briatore) o di pseudo cuochi (Borghese) riguardo la difficoltà a trovare giovani lavoranti desiderosi di imparare mestieri dal fulgido successo futuro e dal risicato stipendio presente.
Colpa del fancazzismo, del reddito di cittadinanza, dei genitori ricchi, del volere tutto e subito…
No, merito della consapevolezza dei propri diritti, del rifiuto dello sfruttamento…
La verità, secondo me, sta nel mezzo.
Chi lavora ha tutto il diritto di essere inquadrato nel modo contrattualmente corretto. Vi possono essere dei periodi di prova nei quali entrambe le parti (datore di lavoro e lavoratore) si “misurano” a vicenda, ma questi non devono durare mesi o anni.
Gli imprenditori lungimiranti hanno tutto l’interesse a formare i lavoratori e a tenerseli ben stretti, così come i lavoratori hanno interesse a seguire percorsi di carriera che possono essere anche lunghi e faticosi.
Il fatto è che oggi mi sembra che in questo delirio logistico, questi discorsi del passato abbiano poca o nulla importanza: oggi serve “carne da macello”; serve la quantità più che la qualità; serve l’obbedienza più che il ragionamento (questo in molti casi anche prima).
E’ un discorso lungo e complesso quello sul lavoro e sulle sue condizioni. Accanto a lavoratori fancazzisti (e a sindacati che li proteggono) ci sono condizioni di sfruttamento inaccettabili.
E’ la politica che dovrebbe intervenire, ma oggi la politica dov’è?
Fare autocritica
Mi capita ovviamente di avere a che fare con diverse persone sul luogo di lavoro.
Mi capita anche, con queste persone, di affrontare situazioni problematiche, che le riguardano più o meno direttamente.
Ho notato che molto spesso la gente manca completamente di senso autocritico, anche minimo.
Cioè, la colpa è sempre degli altri. Loro non hanno alcuna responsabilità. Se si sono trovate in difficoltà, non è che si chiedono il perché, forse perché prima hanno fatto tabula rasa dei loro collaboratori e al momento del bisogno si trovano soli.
Poi ovviamente se non le aiuti se la prendono anche con te e ti mettono nel calderone delle persone che hanno impedito o reso difficile i loro successi personali. E quindi ovviamente fanno le vittime, magari anche sui social, e quelli che non conoscono la situazione mettono i like e se la prendono con i cattivacci che non hanno compreso i loro meriti.
Ora, io non dico di fare le autocritiche di staliniana memoria, ma prima di partire in quarta dando la colpa agli altri, uno non potrebbe chiedersi: ma io sono proprio stato immune da errori? Ho fatto proprio per bene tutto quello che potevo, dovevo, sapevo fare?
Ecco, forse qualcuna di queste domande sarebbe opportuno farsela ogni tanto, invece di spargere lacrime sul destino cinico e baro.
Senza cognizione
C’ho a che fare con una persona senza cognizione.
Cognizione nel senso di consapevolezza delle cose con le quali si ha a che fare, dei problemi da risolvere, delle persone con le quali si hanno rapporti.
Il fatto è che questa persona ha la stessa capacità dei cretini: ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza.
E’ veramente difficile affrontarla.
In questo week end mi devo preparare, perché lunedì ho intenzione di stringerlo nella morsa della responsabilità, ma non so se ci riuscirò.
Cercasi manuali adatti.
La stecca
Chi ha fatto il militare saprà cos’è la stecca.
In sostanza, un metodo per contare i giorni che mancavano al congedo (segnandoli virtualmente appunto su un bastone o qualcosa di simile).
Ecco, io sto facendo la stecca sul lavoro, contando i giorni che mancano alla scadenza del mio incarico di direttore.
Già, perché nel caso in cui mi venga riproposto l’incarico per altri cinque anni (che sarebbero gli ultimi della mia vita lavorativa, se tutto va bene), la mia intenzione è quella di rifiutarlo.
I mesi della gestione Covid-19 sono stati molto duri: personale decimato dalle malattie; dispositivi di protezione da centellinare come se fossero oro colato; rapporti interni ed esterni problematici.
Terminata la fase più pesante dell’emergenza, si tratta ora di recuperare il tempo perduto, ma non è facile.
C’è chi sostiene che dovrei utilizzare la mia posizione di forza per chiedere un sostanzioso aumento di stipendio, come se i soldi potessero ripagare il tempo passato in ufficio, che è come minimo di dieci ore giornaliere.
Avrei voglia di trascorrere con calma gli ultimi anni di lavoro, di dedicarmi alle mie letture, di riprendere a scrivere, di incrementare i viaggi in bicicletta. Insomma, di fare tutte quelle cose che adesso o non riesco a fare oppure devo fare i salti mortali per farle.
E poi ci sono cose che i soldi non possono pagare, anche se fossero tanti.
Vedremo come finirà.
L’appalto
Oggi è venuto da me un imprenditore.
In pratica voleva… come dire… aggiustare una gara d’appalto, ma una garetta, una roba da qualche decina di migliaia di euro.
Soltanto che il poverino non sapeva come dirlo, quasi quasi veniva voglia di dirgli io come fare.
A un certo punto ha detto che, insomma, avrebbe voluto portare qualcosa, ma… (non ho capito cos’ha detto dopo il ma…) e allora…
E allora ha detto che la prossima volta avrebbe portato un calendario!
😮 😮 😮
Anzi, ha pure detto che ne avrebbe portati due, uno da parete e uno da tavolo!
Non ho avuto il coraggio di dirgli che non sopporto i calendari da tavolo, perché mi impicciano sempre.
Sarò l’unico che viene corrotto con un calendario…
Perché non chiedono mai il perché?
In ufficio abbiamo alcune persone “nuove” (nel senso di neo assunte) e alcune persone “vecchie” (nel senso di anzianità di servizio).
Entrambe le categorie sono però accomunate da una caratteristica comune: a volte chiedono come si fa una cosa per loro nuova, ma sembrano sempre fermarsi alla superficie.
In altre parole, non chiedono il perché si fa in quel dato modo.
Quindi, quando capita un altro caso simile, tornano a chiedere come si fa, perché non hanno imparato la regola che sta alla base.
Io cerco sempre di spiegare il perché, ma loro non sembrano interessate.
Quando facciamo formazione, alla fine chiedo se è tutto chiaro e rispondono di sì. Poi capita il problema da risolvere e compiono delle acrobazie che manco al circo si vedono e perdono un sacco di tempo perché non ricordano più come si fanno le cose e vanno in archivio a cercare documenti che magari hanno sotto il naso.
Che si fa in questi casi?
Si prende atto della situazione e si mettono da parte gli obiettivi di miglioramento professionale.
Per forza.
Anonimus
Qualche giorno fa in ufficio mi è giunta una lettera anonima.
Da quando ricopro il mio incarico, è la prima volta che accade, anche se so che in passato vi sono stati altri casi simili.
Ho dato disposizioni di registrarla e di salvarla in una cartella riservata a me soltanto.
Domani dovrò affrontare anche questa ennesima scocciatura.
La lettera contiene una “soffiata” relativamente a qualcosa che sarebbe stato detto e/o fatto.
Il problema è che se fosse vero quello che c’è scritto, si tratterebbe di un reato bell’e buono.
Viceversa, se non fosse vero la lettera sarebbe la prova (non la prima) di un clima molto deteriorato in un reparto aziendale.
Domani sentirò il nostro legale, per sapere cosa mi consiglia.
Poi deciderò.
E sticazzi vogliamo dirlo?
Sto qui…
… anche se non appaio.
Sono periodi convulsi, complicati questi.
Il caldo non molla.
Due settimane fa ho fatto due uscite ravvicinate in bici e poi sono stato chiuso in casa per due giorni con la febbre a 39 e la diarrea (e non dite: riguardati alla tua età!).
Manco il lavoro molla.
Dalla seconda metà di luglio dovrebbe rallentare, permettendomi di fare qualche settimana di ferie.
E poi c’è tutto il contorno che non gira…
Ma quando c’è la salute…
P.S.: comunque mi sono comprato la mautan baic!
Settimana impegnativa
Ho di fronte una “due giorni” impegnativa.
Domani mattina, un viaggetto di un centinaio di chilometri (più altri cento di ritorno) per la solita risonanza magnetica di controllo. Pranzetto all’uscita dell’ospedale e poi via al lavoro.
Nel pomeriggio discussione impegnativa con l’amministratore: ci sono un paio di questioni di merito e di metodo che devo assolutamente chiarire. Il succo del discorso è: chi ci mette la firma e la responsabilità decide, e per quanto mi riguarda non accetto interferenze (rectius: rotture di coglioni).
Martedì di prima mattina altra discussione impegnativa con una collega, responsabile di un settore aziendale importante e che secondo me ha inanellato una serie di comportamenti scorretti. Il succo del discorso è: se ti avessi nominata io, ti avrei già sollevata dall’incarico (e “sollevata dall’incarico” è un eufemismo).
Già, perché queste due discussioni toccano due abitudini/comportamenti che oggi sono molto diffusi ma che a me stanno molto sulle palle.
Il primo comportamento è quello di chi pensa di assumere decisioni fuori dalle proprie competenze, scaricandone la responsabilità su chi effettivamente ce l’ha e ci deve mettere la firma (e la faccia).
Il secondo comportamento è quello di chi gestisce il personale affidatogli come sacchi di patate, dimostrando non solo scarsa capacità, ma anche scarso rispetto degli altri.
Vediamo come va a finire…