Un po’ di strizza…
Come accennavo alla fine del post precedente, a Natale è arrivato il referto dell’ultima risonanza magnetica di controllo, che certifica che la situazione è normale, che non ci sono recidive o elementi sospetti.
Stavolta avevo un po’ di strizza, perché dalla TAC effettuata a settembre era emerso che c’era qualcosa da indagare più a fondo, ma sapevo che sarebbe stato un falso allarme (e l’avrebbe saputo anche il medico, se avesse dato un’occhiata, invece di limitarsi a leggere le carte).
Ma la settimana prima era arrivata un’altra (per me buona) notizia: dagli accertamenti eseguiti quest’autunno risulta che può essere eseguito l’intervento di ricostruzione post oncologica, perché le mie arterie del collo, malgrado il bombardamento della radioterapia, possono reggere la vascolarizzazione dei tessuti.
Ragion per cui ho chiesto di programmare l’intervento per l’inverno prossimo.
Sarà un passaggio impegnativo, che comporterà un lungo ricovero ospedaliero e alcuni mesi di convalescenza, ma è un passaggio per me decisivo per un riavvicinamento a quella normalità che non raggiungerò più, ma che potrò almeno sfiorare.
Ora non mi resta che arrivare in forma all’appuntamento.
Sto maturando…
Lo so, l’ho detto tante volte, ma hai visto mai che continuare a dirlo valga un po’ come scacciapensieri?
Sono tanti i segni della… maturità.
Forse all’inizio non ci fai caso, ma se li osservi con il senno di poi, ti accorgi che qualcosa dentro di te sta cambiando, e più velocemente di quanto ti aspettassi.
Hai comprato la mountain bike elettrica perché ti piace portare in giro una batteria ricaricabile, oppure perché con la bici normale le salite diventavano sempre più faticose?
Frughi nella memoria alla ricerca del nome di quell’attore famoso per creare suspence, oppure perché non ti viene proprio, ce l’hai – come suol dirsi – sulla punta della lingua?
Ti chiedi se hai già detto ai colleghi quella cosa da fare e come farla per essere sicuro che la facciano, oppure perché non ti ricordi cos’hai detto nella riunione di ieri e devi andare a rivederti gli appunti?
In casa mia non lo sa nessuno, ma l’hanno scorso ho fatto una visita all’ambulatorio dei disturbi cognitivi.
Mi ci ha mandato il medico, perché le ho esposto i dubbi sui miei problemi di memoria.
Dapprima ho fatto una visita dal neurologo, il quale mi ha prescritto alcuni esami da fare: una risonanza magnetica al cervello e una serie di esami del sangue. Dopodiché ho fatto un test di memoria approfondito con un’altra dottoressa. Alla fine il neurologo ha diagnosticato un “tutto normale in relazione all’età”, affibbiandomi soltanto un integratore di vitamina B12 e un “arrivederci, se dovesse avere altri problemi ci contatti pure”.
Sarà, ma io mica sono così sicuro.
E poi quell’arrivederci…
Mah…
Una giornata importante
Venerdì per me sarà una giornata importante.
Dovrò sottopormi a un controllo medico per stabilire se le mie arterie potranno sopportare un rilevante intervento di chirurgia plastica per ricostruire ciò che è stato distrutto per eliminare il cancro.
Sarà un percorso lungo e difficile, lo so, ma sarà una tappa verso la (quasi) normalità, che terminerà probabilmente a dieci anni di distanza da quel giorno di fine luglio 2014 quando, iniziando a farmi la barba, scoprii uno strano gonfiore sul collo e da lì partì l’incubo.
A volte mi sembra di rivivere quei momenti, ma comunque ora fanno meno male, ci si abitua.
L’uomo si abitua a tutto.
C’è qualcosa di strano…
Dimenticavo.
L’ultima TAC ha notato qualcosa di “strano”.
E le mie “stranezze” non sono mica ciufoli…
Ora si entra nella spirale degli approfondimenti.
Comunque io non sono preoccupato più di tanto.
Anzitutto perché sono ottimista di natura. Cioè, forse il mio ottimismo è più che altro incoscienza, ma dipende dai punti di vista.
In secondo luogo perché comunque sono arrivato a 62 anni e passa. Ho superato l’aspettativa di vita media della Birmania, che sta al 148° posto e mi sto avvicinando allo Yemen.
In terzo luogo perché c’ho almeno un centinaio di libri ancora da leggere e poi – come si dice in questi casi – c’ho il tonno che scade nel 2026.
Mica posso morire prima…
Posso fare una domanda?
“Come sta signor Aquila?”
“Bene.”
“Sono passati cinque anni eh?”
“Sì. Posso fare una domanda?”
“Certo.”
“Quante probabilità ho di sviluppare una recidiva?”
“Molto poche. Le probabilità di recidiva si riducono dopo due anni e dopo cinque sono ancora meno. Se vuole fare programmi a lunga scadenza, può farli.”
“Grazie dottore.”
In fondo, diciamocelo, le cose importanti della vita sono queste qua.
Io potrei benissimo essere già passato a miglior vita (si dice “miglior vita” perché si presume che di là si stia meglio che di qua) e già da qualche anno.
Se sono ancora qui, non è che sia tutto merito mio intendiamoci.
La cosa che più mi spiace è che questi momenti non sono condivisibili con nessuno che io conosca.
Perché a nessuno interessa più di tanto.
Il fascicolo della discordia
Nel numero de “le Scienze” di giugno c’è un articolo sul fascicolo sanitario elettronico.
O meglio, sui limiti del fascicolo sanitario elettronico com’è stato implementato finora, che si sonio manifestati soprattutto nel periodo dell’emergenza da Covid-19.
Il FSE è l’insieme dei dati e dei documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti un assistito. La informazioni vengono fornite e gestite dalle singole Regioni, per poi confluire in una piattaforma nazionale gestita dal Ministero dell’economia e delle finanze.
A distanza di quasi dieci anni dall’istituzione del FSE, però, scopriamo che il suo utilizzo è “a macchia di leopardo”.
Per esempio, da una interessante tabella pubblicata, risulta che le ASL che alimentano il FSE sono il 100% in Veneto, il 99,86% in Toscana, il 98,14% in Friuli e l’1,11% in Lazio, il 2% in Umbria e addirittura lo 0,20% in Calabria.
Sul fronte dei medici che utilizzano il FSE, stanno al 100% l’Emilia Romagna, la provincia di Trento, la Valle d’Aosta, la Sardegna, la Lombardia e il Friuli, mentre il Lazio sta al 5%, il Molise al 3% e il Piemonte all’1%.
Per quanto riguarda i cittadini che hanno attivato il FSE, al 100% stanno Lombardia e Sardegna; la provincia di Trento al 97%, Marche e Molise al 2% e Lazio e Basilicata all’1%.
Scarsi investimenti e un sistema “federale” inadeguato (dopo la riforma costituzionale del 2001) hanno accentuato difficoltà e differenze.
Durante l’epidemia da Covid-19 un sistema informativo Regioni-Stato strutturato per comunicare ex post informazioni e rendicontazioni si è trovato impreparato.
Ma gli investimenti futuri in materia dovranno concentrarsi soprattutto su un sistema di analisi del dato evoluto che permetta di fare apprendimento automatico. Ma qui mi fermo, lascio a chi ha competenze e voglia di approfondire l’argomento, che per quanto ho potuto capire potrebbe caratterizzare l’organizzazione della sanità del futuro.
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Seconda dose!
Stamattina seconda (e ultima) dose del vaccino.
Come mi sento?
Al momento benissimo: più giovane, più magro, più intelligente, più colto, più simpatico, più ricco!
Anche più sexi!
Cioè, praticamente come prima.
P.S.: dite che devo farmi controllare?
Tra un anno!
L’oncologa è già passata ai controlli annuali, perché gli esami sono stati negativi.
L’otorino ci passerà quest’autunno, se anche i loro gli esami rimarranno negativi.
Praticamente devo solo evitare il Covid…
P.S.: magari è la svolta che riesco a sfangarla ancora per qualche anno…
PP.S.: richiamo del vaccino il 5 febbraio. Nessuna reazione negativa. Qualche collega ha avuto febbre e dolori articolari, ma si sa, le donne non c’hanno mica il fisico…
IoMiSonoVaccinatoETu?
Prima infusione del vaccino anti Covid oggi.
Finora tutto bene.
Appena uscito dall’ambulatorio mi sono fatto un selfie.
Gombloddo! (- 5)
Due interessanti articoli su Le Scienze di giugno dell’anno scorso e ottobre di quest’anno esaminano il tema delle credenze nei cosiddetti complotti e, di conseguenza, delle paure nei confronti dei vaccini.
Il tema dei vaccini poi è tornato di particolare importanza, soprattutto di fronte al Covid.
L’avversione ai vaccini è il risultato di molti fattori: la paura dell’ignoto, la sfiducia nelle istituzioni, la tendenza al complottismo, il sospetto verso gli esperti e l’autorità.
Le teorie del complotto avrebbero tre segni caratteristici.
Primo: le teorie includono contraddizioni. Si sostiene che su una determinata materia non ci sia consenso scientifico; se c’è, il consenso viene interpretato come segnale inequivocabile di complotto e coloro che lo combattono vengono visti come eroi. E’ ovvio che non possono essere vere entrambe le cose. E qui mi viene in mente il famoso paradosso del mentitore: “questa frase è falsa“.
Secondo: affermazioni che si basano su premesse traballanti. Spesso queste affermazioni si basano sull’assoluta mancanza di prove; se poi si indaga nello specifico, ci si accorge che è vero l’esatto contrario. E qui mi viene in mente la famosa frase “ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità“.
Terzo: le prove contrarie vengono interpretate come prove a favore. Cioè, quando emerge una prova che inequivocabilmente dimostra la falsità della teoria complottista, questa viene interpretata come fasulla, creata ad arte da chi ha interesse a dimostrare la sua falsità (i complottisti appunto). E qui mi viene in mente la famosa frase “non discutere mai con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza“.
Le teorie del complotto – conclude un articolo – sono una reazione umana a un’epoca confusa.
Ma quello che è interessante è che secondo alcuni studi le crisi esistenziali possono favorire il pensiero complottista. Anche sentirsi estraniati o indesiderati renderebbe più appetibile il pensiero complottista. Ma qui andiamo su un terreno troppo tecnico, che per un rozzo lettore come il sottoscritto diventa difficile e scivoloso.
Limitiamoci a sperare che arrivi presto il vaccino anti-Covid.
E intanto siamo arrivati a meno cinque, ciò significa che domani entriamo nella seconda metà del tempo a disposizione.