Lavorare aggratiss?
Si è discusso nei giorni scorsi su alcune affermazioni di pseudo imprenditori (Briatore) o di pseudo cuochi (Borghese) riguardo la difficoltà a trovare giovani lavoranti desiderosi di imparare mestieri dal fulgido successo futuro e dal risicato stipendio presente.
Colpa del fancazzismo, del reddito di cittadinanza, dei genitori ricchi, del volere tutto e subito…
No, merito della consapevolezza dei propri diritti, del rifiuto dello sfruttamento…
La verità, secondo me, sta nel mezzo.
Chi lavora ha tutto il diritto di essere inquadrato nel modo contrattualmente corretto. Vi possono essere dei periodi di prova nei quali entrambe le parti (datore di lavoro e lavoratore) si “misurano” a vicenda, ma questi non devono durare mesi o anni.
Gli imprenditori lungimiranti hanno tutto l’interesse a formare i lavoratori e a tenerseli ben stretti, così come i lavoratori hanno interesse a seguire percorsi di carriera che possono essere anche lunghi e faticosi.
Il fatto è che oggi mi sembra che in questo delirio logistico, questi discorsi del passato abbiano poca o nulla importanza: oggi serve “carne da macello”; serve la quantità più che la qualità; serve l’obbedienza più che il ragionamento (questo in molti casi anche prima).
E’ un discorso lungo e complesso quello sul lavoro e sulle sue condizioni. Accanto a lavoratori fancazzisti (e a sindacati che li proteggono) ci sono condizioni di sfruttamento inaccettabili.
E’ la politica che dovrebbe intervenire, ma oggi la politica dov’è?