E allora, già che ci sono, vi racconto il mio sogno di stanotte
Perché mi sono svegliato ed ero tutto agitato, come quando vi capita di avere vissuto veramente un sogno.
Ricordo che dovevo prendere il treno, io e la mia famiglia.
Stavamo tornando a casa non ricordo da dove. Nel sogno ce l’avevo presente dove eravamo andati, ma al risveglio ne avevo un ricordo molto vago: forse Venezia o giù di lì.
Il treno era molto bello, pulito e veloce, una specie di metropolitana di superficie, comodo e luminoso.
Mia moglie e mia figlia prendevano posto in una carrozza; non vi erano scompartimenti chiusi ma poltrone di velluto a vista. Per me non c’era posto accanto a loro e allora mi andavo a sedere più avanti, vicino alla porta d’uscita. Accanto a me c’erano altre poltrone, ma erano vuote.
Il treno filava via veloce e io mi ero tolto il giaccone, mi ero messo comodo; portavo pure le borse di qualcosa che avevamo comprato. Ero in una posizione leggermente sopraelevata rispetto alla porta d’uscita e vedevo scorrere veloce il panorama.
Mi ero messo talmente comodo che l’arrivo mi colse impreparato.
Tutto ad un tratto la gente si riversò vicino alla porta d’uscita. Io allora mi alzai, ma fu a quel punto che accadde il patatrac.
Non riuscivo a infilarmi il giaccone. Mi cadeva il portafoglio. Nel raccoglierlo mi si svuotavano le borse e il qualcosa che c’era dentro si spargeva a terra.
E nessuno mi aiutava.
Rischiavo di rimanere sul treno, di non uscire in tempo.
La gente scendeva veloce, anche mia moglie e mia figlia, ma io ero indaffarato a cercare di prendere il giaccone, le borse, il portafoglio e non so che altro.
Alla fine, quando tutte le persone erano uscite e le porte si stavano ormai chiudendo, riuscii a infilarmi in mezzo a loro, ma… perdendo il portafogli. E quello che mi preoccupava non erano tanto i soldi e neppure la carte di credito, ma i documenti, perché senza di essi non sapevo più che ero, con chi ero, da dove venivo e dove dovevo andare.
Un incubo.
Mi sono svegliato tutto agitato.
Domani mattina chiamo la psicoanalista della ASL. Noi abbiamo la consulenza psicologica gratuita (che culo!). Credo proprio che sia il caso di approfittarne, anche perché l’ultima volta che mi ha telefonato mi ha chiesto: “Da 1 a 10, qual è ora il suo livello di stress?”
“Sette” ho risposto e stavo pure in un periodo di tranquillitaà.
Quella si è meravigliata: “Lei lo sa vero che può venire da me, se ritiene?”
E sì che lo so…
Come ho tantissime volte detto e scritto … eccolo qui l’ Ing. @Aquilanonvedente, un eccellente professionista e manager e, tuttavia, sottratto alla grande letteratura ! Nel brano che ha scritto c’ è tutto : stile, contenuto …. suspence e, infine, quell’ atmosferica onirica così ardua da volgere con mere parole !
Lui c’ è riuscito, e per questo gli dico : BRAVO M., CHE GRANDE SCRITTORE SEI …. e gli perdono anche di aver recentemente pescato il Ranieri nella pessima esecuzione de LA VOCE DEL SILENZIO ! 😀
Se io dovessi andare dallo psicanalista per ogni sogno agitato… e mia figlia ne fa anche di più! Mi sa che alla fine il problema è che ci sentiamo soli (il tuo sogno è chiarissimo) e minacciati. Meno male che i sogni, almeno così pare, ci permettano di scaricare un po’ di tensione..
A me mi sa piuttosto che i sogni siano dei segnali d’allarme…
Io non sono nessuno, tanto meno una psicanalista, ma penso che tutto derivi dal periodo di incomprensioni in famiglia…ti senti isolato e il sogno ne è il risultato. Buon inizio settimana ??
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Isolato è un eufemismo.
Comunque buon fine settimana.
Anche io, come Silvia … non sono uno psicanalista, ma penso che lei abbia ragione lei !
E tuttavia, lo ripeto, mi colpiscono la bellezza di questo racconto e la capacità dell’ Ing. @Aquilanonvedente di rendere, con uno stile altissimo, il racconto di un sogno ! 🙂
Grazie
Questo tuo scritto esemplare … questo tuo sogno inquieto che, amichevolmente, hai voluto condividere con noi, mio caro Ing. @Aquilanonvedente, mi ha riportato. oggi che è la Festa della Madonna, alcuni frammenti della mia perduta fanciullezza che non rammentavo più !
Una vecchia canzone che mia mamma ascoltava da una vecchia radio “marelli”, in una casa povera ma dignitosa al 5° piano di Via Romanello da Forlì n. 32, dove nacqui e trascorsi i primi 11 anni della mia infanzia pur dorata, sebbene attraversata dalla tragedia della perdita di mio padre ( lui quarantenne … io di appena 4 anni ) ! L’ ho ritrovata, mio caro amico …. e te la propongo qui, dove Tu scrivi e taci … ma la tua voce rimbomba !
🙂
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Questa non è una canzone.
E’ un pezzo di storia.
Grazie …