Aquila Non Vedente

Aquila e tutta la sua famiglia (compreso Bibùlo)

Le mie auto

Vabbe’, avrete capito che questo è un momento particolare, in cui la mia povera mente vaga alla disperata ricerca di rimembranze e mo’ è il momento delle auto…

NSU Prinz

NSU Prinz

Allora, tanto per riagganciarmi al post precedente, per poco più di un anno dopo avere conseguito la patente ho guidato la NSU Prinz di mio padre.

Ora, è evidente che l’aspetto di questa macchinetta oggi fa sorridere, ma all’epoca era dotata di alcune soluzioni pregevoli. Attrezzata di un motore 600 cc. posteriore, con trazione posteriore e bagagliaio anteriore che, malgrado il serbatoio, era abbastanza

NSU Prinz - interni

NSU Prinz – interni

capiente. Gli interni erano spartani ma abbastanza spaziosi, soprattutto anteriormente. E poi c’era quella curiosa manopola che apriva i deflettori anteriori e che in tanti anni non si ruppe mai. La tenuta di strada non era un granché, soprattutto con l’auto a pieno carico. Una sera, mentre stavamo andando in discoteca in montagna, uscii di strada di netto. Per fortuna al di là del ciglio vi era un campo, perché se ci fosse stato un burrone, ora non starei certamente qui a raccontarvi queste facezie.

Alfasud III serie

Alfasud III serie

Nella primavera del 1980 arrivò la mia prima vera e propria auto. l’Alfasud.

Il modello che acquistai io (cioè, lo acquistò mio padre) era proprio quello della foto, anche nel colore: l’Alfasud terza serie, uscita proprio nel 1980. Era stato fatto un restyling della versione precedente, internamente ed esternamente. La mia era la versione 1200 5 marce, dotata di un motore a 68 cv. (la Fiat Ritmo 1100 sviluppava 60 cv. e la 1300 “soltanto” 65 cv.; la R5 di cavalli ne aveva 55) con il tipicissimo timbro Alfa.

L’assetto dell’auto era più basso rispetto alle altre; il volante a tre razze; il contagiri di

Alfasud - interni

Alfasud – interni

serie; i sedili in velluto e con il poggiatesta; i vetri azzurrati.

Posso dire senza ombra di dubbio che io entrai in simbiosi con quell’auto, che tenni per nove anni, fino al 1989. Accompagnò i miei studi universitari; le uscite in discoteca; i primi anni in politica; i lavori stagionali durante gli studi e poi i primi anni del mio lavoro “fisso”.

Quando vendetti quell’auto ci feci quasi una malattia. Io volevo tenerla come seconda auto, per mio padre, ma per lui era troppo grossa e preferì comprarsi una A122 usata.

Una notte l’Alfasud appena venduta fu la protagonista di un’avventura in un sogno che ricordo ancora adesso (ma che non racconterò, per non tediarvi…).

Citroen BX

Citroen BX

Deciso a sostituire l’insostituibile Alfasud, i miei genitori mi consigliarono di comprare una Giulietta, ma io testardo mi indirizzai verso l’auto peggiore che ho mai avuto: la Citroen BX 1600.

Quell’auto mi fece letteralmente impazzire. Anzitutto perché aveva un difetto nel motore che mai nessun meccanico riuscì a scovare e che faceva sì che la candela di un cilindro andasse regolarmente fuori uso dopo un paio di migliaia di chilometri; poi le sospensioni. L’auto si poteva abbassare e alzare a seconda dei casi, ma a me a un certo punto si guastarono tutt’e quattro contemporaneamente e spesi un occhio della testa per farle sostituire, anche se con pezzi usati. E poi, dulcis in fundo, la mia, pur essendo una versione con un sacco di optional, ma non aveva i sedili ribaltabili! Malgrado tutto, facendo i salti mortali (nel vero senso della parola) la tenni per sette anni, fino al 1996.

Verso la fine del 1996, stanco dei consumi della BX, mi rifugiai su un’utilitaria: la Ford Fiesta.

La Fiesta fu un’auto che svolse più che egregiamente il suo lavoro. Dotata di un brillante motore di 1200 cc. con 75 cavalli a iniezione,

Ford Fiesta

Ford Fiesta

la quarta serie era stata rinnovata negli interni e negli esterni. Aveva il climatizzatore, i vetri elettrici, i fari antinebbia, la marmitta catalitica, l’autoradio di serie che non dovevi più asportare in blocco per non fartela rubare, ma bastava staccare un pezzo nel frontale e senza quello era inutilizzabile.

E’ stata l’auto del mio matrimonio, dei primi lunghi viaggi verso sud o all’estero. E’ stata una macchinetta che in sei anni e dopo 130.000 chilometri non ha mai “subito” una visita dal meccanico, se non per i tagliandi programmati.

Era un’auto facile e docile da guidare, che mi ha lasciato un’ottima impressione della Ford.

Poi nel 2002, dopo la nascita della piccola, la Fiesta divenne un po’ strettina e allora mi buttai su una monovolume: la Renault Megane Scenic.

Renault Megane Scenic

Renault Megane Scenic

La mia era una 1600 a benzina. Ricordo che quando vi montai sopra per la prima volta, mi sembrava di guidare un camion, ma da quel momento capii cosa voleva dire “salire” su un’auto. L’assetto rialzato dava una visione dell’esterno diversa e completa. Gli interni erano spaziosissimi, seppure le dimensioni complessive dell’auto fossero abbastanza contenute.

Ricordo quando, appena comprata, la mostrai a mio padre e fu entusiasta della scelta che avevo fatto.

Anche quell’auto la tenni per sei anni e poi nel 2008, dopo che la mia famiglia era andata in frantumi, decisi, non so bene nemmeno io il perché, di cambiate auto e acquistai questa qua: la Suzuki SX4. La mia prima auto diesel, 1900 cc., scelta perché mi piaceva la sua linea ma soprattutto perché volevo un’auto che avesse la trazione integrale. Già, perché io ero e sono convinto che un’auto a due ruote motrici è come una persona che possa camminare su una gamba sola. in caso di necessità, volevo avere la possibilità di aggrapparmi al terreno con tutt’e quattro le ruote.

Suzuki SX4

Suzuki SX4

E’ un’auto che mi ha fatto tribolare tanto, ma che non ho la minima intenzione di cambiare, anche perché potrebbe essere l’ultima della mia vita. La Suzuki SX4 è la sorella gemella della Fiat Sedici: all’esterno sono praticamente uguali. Il motore diesel è Fiat, a sei marce, scattante. E’ un’auto che dovrà accompagnarmi per un sentiero impervio, ma spero proprio che le quattro ruote motrici mi aiutino a trascinarmi fuori dalla melma…

30 gennaio 2015 Posted by | Un po' di me | | 21 commenti

Giulia 1300

Nel post precedente ho parlato delle auto Fiat che hanno “segnato” la mia fanciullezza e la mia adolescenza.

Ma non ci sono state soltanto quelle. Tante altre sono state le auto che hanno segnato la mia vita e spesso ho pensato di scrivere la storia della mia vita proprio attraverso le “cose” che mi hanno accompagnato: le auto, le case, i vestiti, i telefoni…

Già, perché io sono uno che si affeziona alle cose, che finiscono per rappresentare, nella loro dimensione, una parte della mia vita.

(Cazzarola, mi accorgo che sto diventando più saggio ogni giorno che passa…)

Vabbè, dunque, torniamo alle auto.

NSU Prinz

NSU Prinz

La prima auto non-Fiat che mi ha “segnato” (è proprio il caso di dirlo) è stata la NSU Prinz – per la precisione Prinz4, color caffèlatte – che mio padre acquistò verso la fine degli anni sessanta. Invidioso di mio padre, un mio zio se la comprò pure lui, verde. Poi mio padre fece un tremendo incidente, dal quale fortunatamente uscì soltanto un po’ ammaccato, e – per non deludere la famiglia – se ne comprò un’altra, color marrone scuro. Un mio cugino di secondo grado, invidioso di quei due, si comprò la versione da 1.200 cc., che quando si muoveva sembrava un trattore asmatico.

Insomma, ero circondato da Prinz, la cosiddetta “vasca da bagno”, che guidai anch’io, nell’anno successivo alla presa della patente.

Alfa Romeo Giulia 1300

Alfa Romeo Giulia

Fortunatamente a risollevare l’ambiente c’era un mio cugino, alfista convinto, che non appena iniziò a lavorare si dotò di una fantastica Alfa Romeo Giulia 1.300.

Che dire? Mio cugino dopo quell’auto ebbe un’Alfasud, una Giulietta, un’Alfa 75, un’Alfa 156, ma ancora oggi sostiene che l’auto migliore in assoluto che ha avuto è stata la Giulia 1.300. Io tutte le volte che ci salivo sopra mi sembrava di essere su un aereo. Godevo delle sue accelerazioni e quando rallentava sbirciavo il contachilometri, pensando di essere sotto ai 50 km. all’ora e invece magari stava ancora sui 70-80. Il muso grintoso era uno spettacolo. Quando ci salivo su mi sentivo veramente una spanna al di sopra del resto del mondo. Abbassare il finestrino e appoggiare il braccio fuori era una goduria.

Erano gli anni in cui gli italiani producevano le auto più belle del mondo. Le straniere sembravano ciofeche a confronto delle Alfa Romeo o delle Lancia e perfino delle Fiat. Le auto avevano una personalità, non erano tutte uguali come oggi. A volte osservavi alcune persone e, quando le vedevi avvicinarsi alla propria auto, pensavi: quello lì non poteva avere che quell’auto lì.

Lancia Fulvia coupè

Lancia Fulvia coupè

Le Lancia, altro marchio di tutto rispetto. Ho avuto il piacere di viaggiare alcune volte su una Lancia Fulvia coupè, che ricordo soprattutto nella versione rally, con un sacco di gare vinte.

Non sono mai salito invece sulla versione berlina. Ce l’aveva un tassista che abitava nella mia via, noto omosessuale. “Se ti dovesse offrire qualche caramella – mi diceva mia madre – non la prendere” e io quando lo vedevo da lontano, prendevo il largo. Non mi molestò mai quel tipo. Al massimo qualche volta ricordo i suoi tentativi di salutarmi, che io mandavo regolarmente a vuoto.

Un altro mio cugino si dotò di un’A112, Piccola, scattante, grintosa. Una volta mi fece

Autobianchi A112

Autobianchi A112

provare la sua ripresa su un rettilineo e mi sembra di sentire ancora adesso il rombo del motore che tirava, tirava e inondava tutto l’abitacolo. L’A112 era una di quelle auto che si adattavano a tutti: giovani, anziani, donne. Poi c’era una versione sportiva, l’A112 Abarth, che faceva il paio con la Fiat 127 Sport.

Renault R5 Alpine

Renault R5 Alpine

Erano auto dei sogni, per noi, così come lo era ancora di più la mitica Renault R5 Alpine. Un mio amico aveva la versione normale, l’R5, della quale ricordo l’estrema comodità e le sospensioni morbidissime, che quasi ti cullavano.

Ecco, queste sono state le principali auto non-Fiat che hanno segnato i miei anni 60-70 e anche i primi anni 80.

Fanciullo, adolescente e poi neopatentato. Poi nel 1980 mio padre comprò quella che io considero la mia prima vera auto, forse l’unica nella quale mi sono riconosciuto e immedesimato: l’Alfasud.

Ma questa è tutta un’altra storia, da raccontare prossimamente…

 

Alfa Romeo Alfasud

Alfa Romeo Alfasud

Musica, sorbole!

29 gennaio 2015 Posted by | Un po' di me | | 10 commenti

Fiat 600

Fiat 600

Fiat 600

Potrà sembrare strano, ma per quanto mi sforzi non ricordo di essere mai salito su una Fiat 600.

Sulla Fiat 500 sì, e tante volte, perché ce l’avevano parenti e vicini di casa. Sono salito sia sui

Fiat 500

Fiat 500

modelli con le cerniere delle portiere posteriori (con gli sportelli che si aprivano controvento, insomma), sia su quelli con le cerniere anteriori. Ci sono salito fino agli inizi degli anni ottanta sulla 500, perché c’era un mio compagno di classe del liceo che l’aveva (cioè guidava quella del padre).

Poi sono salito sulla Fiat 850, perché c’erano due zii che l’avevano comprata. la Fiat 850 era già quasi considerata una cilindrata media (e infatti questi due zii – a differenza degli altri, lavoratori dipendenti – erano artigiani). Per la precisione, uno aveva la 850 normale e l’altro il modello Special, che non ricordo cosa avesse di più rispetto all’altra, ma che era Special l’aveva scritto chiaramente su una targhetta posteriore.

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Fiat 850

La Fiat 850 la ricordo soprattutto per la sua parte posteriore tronca e poi perché nei primi anni ottanta ce l’aveva un amico con il quale si andava in discoteca. Una 850 bianca, proprio come quella della foto, che era ancora “in pista” probabilmente da una decina d’anni, se non di più.

Fiat 1500

Fiat 1500

Poi sono stato sulla Fiat 1500 del marito della farmacista presso la quale lavorava mia madre. La 1500 era una signora macchina, prodotta anche nella versione 1300. Possiamo paragonarla a quella che è oggi una Mercedes? Io penso di sì. Ci si stava comodi in cinque, senza battere ciglio. A differenza della 850, della 1500 ricordo il posteriore bello lungo, la carrozzeria leggermente rialzata sopra i fanali (sia anteriori sia posteriori) che dava a quell’auto un certo aspetto “grintoso” e il dolce rollio che accompagnava i viaggi.

Fiat 124 coupè

Fiat 124 coupè

Il fratello della farmacista, invece – giovane virgulto con tendenze da pleiboi – aveva la Fiat 124 coupè. Era rossa, con i doppi fari anteriori e – forse, ma non ricordo bene – anche posteriori. Mi sembra di ricordare come fosse ieri le sensazioni che provavo, seduto davanti mentre quell’auto affrontava le curve delle nostre colline e io mi dovevo trattenere per non scivolare di lato.

Fiat 1100

Fiat 1100

Poi ricordo la Fiat 1100 del mio vicino di casa. Era una famiglia di meridionali e d’estate il capofamiglia infilava i guanti da guida e imbarcava moglie e figli – con tanto di valigie e suppellettili vari – per passare le vacanze al sud. Ricordo quella 1100 bianca che partiva stracarica, con i bagagli sul portapacchi e tornava dopo circa un mese, altrettanto stracarica.

Fiat 124

Fiat 124

Sono stato persino sulla Fiat 124, mi sembra che si trattasse di un taxi. La 124, ai miei occhi di bambino, aveva un fascino particolare, quasi quanto la 1500. Ricordo che l’aveva uno dei due macellai vicino a casa mia (quello della macelleria bovina, perché quell’altro, della macelleria equina, non ricordo che auto avesse) e la parcheggiava sempre davanti al suo negozio.

Fiat 127

Fiat 127

Beh, poi ovviamente sono stato sulla mitica Fiat 127, c’è bisogno di dirlo? Un mio zio che svolgeva un servizio di simil-taxi la comprò appena uscita. Ai nostri occhi la sua forma, soprattutto nel posteriore, apparve rivoluzionaria: quella era modernità! pensavo, innamorato del suo posteriore. Era un’auto a due volumi, con il motore davanti, la trazione anteriore e – su alcune versioni – il portellone posteriore. La 127 resistette in produzione fin quasi alla fine degli anni ottanta e ricordo che un mio amico aveva la versione Sport, con prestazioni che facevano a gara con quelle della A112Abarth.

Queste sono state le Fiat della mia fanciullezza/adolescenza.

Ricordi che si perdono nella notte dei tempi e che riaffiorano in questo periodo, in una sorta di “rimembranza cumulativa” alla quale il mio cervello (ormai palesemente fuori uso) si mostra particolarmente abbarbicato.

P.S.: non essere mai salito su una Fiat 600 (o non ricordarsi di averlo fatto) stasera mi rende particolarmente insoddisfatto.

Musica!

28 gennaio 2015 Posted by | Ricordi, Storie ordinarie | , | 10 commenti

…/…

L’ultimo addio

27 gennaio 2015 Posted by | Un po' di me | | 16 commenti

Il nome del figlio

il-nome-del-figlioSuccede sempre così: o ci sono in programmazione 3-4 film che vorrei vedere, oppure ci sono soltanto ciofeche.

Questo era un fine settimana in cui erano in programmazione Sei mai stata sulla luna? (commedia brillante di Paolo Genovese con Raul Bova nei panni di un contadino), John Wick (un film sulla vendetta non fa mai male), Still Alice  (la discesa di una giovane donna nell’inferno dell’alzheimer. Da vedere, ma in un altro momento), American Sniper di quel fenomeno ottantenne di Clint Eastwood e mettiamoci pure Si accettano miracoli di Alessandro Siani.

Alla fine, ho scelto Il nome del figlio di Francesca Archibugi.

Sarà perché la Archibugi mi è simpatica.

Sarà perché ho visto 3-4 volte Mignon è partita e ogni volta mi piace sempre più rispetto a prima.

Sarà perché mi piace Alessandro Gassman e poi qui c’erano pure Micaela Ramazzotti e Valeria Golino (splendida quasi cinquantenne).

Sarà perché volevo spassarmela per un’oretta e mezza, per poi rientrare nella merdaccia che mi opprime da sei mesi a questa parte.

Sarà quel che sarà, insomma ritengo di avere fatto una buona scelta: otto euri spesi bene.

E’ una commedia brillante-amara, che si consuma nello spazio di una cena tra parenti/amici e che fa scoperchiare segreti e scoppiare risentimenti che alla fine troveranno una inaspettata “soluzione” a opera della… natura. I cinque protagonisti recitano magistralmente e alla fine viene voglia di fermarsi al cinema per rivederlo una seconda volta (e mi sarei fermato, se non avessi avuto un appuntamento compitaro a casa).

Buona settimana a tutte/i.

Domani è un altro giorno

 

 

25 gennaio 2015 Posted by | Film | | 12 commenti

Sherlock Holmes all’isola dei famosi?

Sherlock-Holmes-e-il-diario-segreto-del-dottor-WatsonSherlock Holmes rappresenta sicuramente una pietra miliare nel romanzo poliziesco, il cosiddetto “giallo”.

In tutto il mondo sono nate associazioni che praticano il culto sherlockiano.

In Italia si pubblica anche una rivista (forse più di una, ma non ho indagato).

Ed esiste anche una collana apposita del Giallo Mondadori, che “fa rivivere ogni mese le gesta di Sherlock Holmes”, come dichiara lei stessa.

Incuriosito, ho acquistato il volume di settembre dell’anno scorso, raffigurato qui a lato e, con una certa difficoltà, ne ho terminato oggi la lettura.

Praticamente, in questo libro Sherlock Holmes e il fido dottor John Watson diventano i protagonisti di una improbabile avventura vissuta nel 1918, sul finire della prima guerra mondiale, a cavallo tra l’Inghilterra, la Russia e l’Oceano Pacifico. La missione, segretissima e richiesta dal governo inglese, è niente di meno che il salvataggio dello zar Nicola II e di tutta la famiglia dei Romanov, tenuti prigionieri dai rivoluzionari bolscevichi e destinati a morte certa.

E il bello è che ci riescono pure!

Partono dall’Inghilterra, vengono sbarcati in Russia, l’attraversano schivando le cannonate dei Rossi e dei Bianchi, prelevano i Romanov dalla loro prigione e fanno il percorso inverso, dribblando non soltanto i colpi di mortaio dei Rossi e dei Bianchi, ma anche le diverse spie che – proprio in quanto spie – non si sa mai per chi lavorino. Durante il viaggio la compagnia riesce, con l’inganno, a ottenere una lasciapassare nientepopodimenoche da Lenin in persona, la zarina si rincoglionisce (demenza senile fulminante) e una delle figlie dello zar si innamora – ricambiata – di un ufficiale inglese della scorta (se non sbaglio, del servizio segreto di Sua Maestà).

Arrivati al mare del nord, Holmes, Watson e i Romanov vengono imbarcati su una nave inglese, diretta verso un’isola del Pacifico. Qui la famiglia imperiale viene messa al sicuro, ma durante il viaggio un’altra delle figlie dello zar si innamora di un altro ufficiale inglese, stavolta della marina (domanda ovvia che sorge a questo punto nell’impavido lettore: ma non è che le figlie dello zar erano un po’ zoccole, per caso?). Stavolta, però, i due non si limitano agli sguardi languidi e ai baci rubati durante le passeggiate notturne, ma raggiungono “un grado di intimità tale” che la pulzella rimane incinta. Non esistendo dottori sull’isola, le maestà imperiali pregano il dottor Watson di rimanere lì fino al parto, mentre Holmes torna in patria.

Dopo il parto, torna in patria pure Watson, ma a questo punto la storia si intorcina (voce del verbo intorcinare) a un livello tale che ho perso di vista i diversi personaggi, ma entra in ballo la morte di Holmes, perché pare che chi ha organizzato la fuga dello zar – agli alti piani del governo inglese – volesse in realtà ucciderlo; però c’erano anche altri che volevano ucciderlo, insieme a Holmes e Watson; e poi ci sono dei nemici di Holmes che diventano alleati del dottor Watson per cercare di capire se Holmes è morto sul serio; e poi…

Insomma, questo libro è una ciofeca indescrivibile. Avanti di questo passo, tra poco leggeremo anche Sherlock Holmes contro Al Qaeda, oppure Sherlock Holmes nell’isola dei famosi. Altamente sconsigliato (mi ci vorrà almeno un Dickens per ripulirmi la bocca). Molto, ma molto meglio limitarsi a leggere gli originali e a prendere atto che il grande Sherlock è vissuto soltanto nelle avventure di Sir Arthur Conan Doyle.

piramide_di_paura

Nicholas Rowe, Sophie Ward e Alan Cox

L’unica opera – in questo caso un film – che fa rivivere Holmes e Watson (da adolescenti) in modo garbato e accettabile è stato Piramide di paura, di cui sotto una delle scene più belle. Il bambino che dice di voler “fare il dottore” è ovviamente Watson, magistralmente interpretato da un Alan Cox allora quindicenne. Holmes è invece interpretato da Nicholas Rowe. L’oggetto del desiderio di Holmes, la ragazza che passeggia con il cane, è Elizabeth, interpretata da Sophie Ward.

E’ uno dei film che occupano un posto di primo piano nella mia piccola cineteca personale, perché il film racconta il rapporto di amicizia che si instaura tra Holmes e Watson. Una amicizia che si fonda sul rispetto reciproco, che viene alimentata dal disinteresse e dal coraggio, come accade in tutte le vere amicizie. Una amicizia che durerà per tutta la vita, anche se le due persone alla fine prendono strade diverse.

Piramide di paura – cosa rispondereste voi?

24 gennaio 2015 Posted by | Libri | | 13 commenti

Crollo? Barcollo? No, non mollo!

Cavaliere_crociato_in_ginocchioLo ammetto: stamattina mi sono sentito prossimo a un crollo psicologico. Forse perché domani mi spetta la visita dal grande cerusico, che spero mi spiattelli finalmente il calvario che mi si para davanti per i prossimi mesi.

Il fatto è che in questo periodo al mattino mi sento stanco e nervoso.

Stanco perché sebbene la sera mi addormenti senza problemi, in genere mi sveglio verso le quattro; a volte mi riaddormento subito, altre volte invece me ne sto a rigirarmi nel letto per mezz’ora o un’ora e poi al mattino sono un po’ rincoglionito.

Nervoso perché mi piacerebbe tornare a prima, quando appena alzati si poteva programmare la giornata, la settimana, il mese, gli anni…

Già, perché il tumore ha ormai suddiviso la mia vita in un prima e in un dopo.

In questi ultimi due giorni, poi, non avevo nemmeno voglia di andare a lavorare, anche se stare a casa a farsi le pippe mentali sarebbe molto peggio.

Oggi, quindi, per cercare di superare questa piccola crisi, mi sono buttato nel lavoro, tuffandomi nelle cose più pallose, insulse e inutili che ingombravano la mia scrivania, purché tenessero concentrata la mia mente.

In realtà, in questi giorni mi sovviene spesso alla memoria un avvenimento di quest’estate, nel mese di luglio, quando io e mia moglie siamo andati a trovare la piccola che stava in vacanza in montagna, a Pinzolo, con il gruppo dell’oratorio.

Una domenica era dedicata all’incontro con i genitori, e allora noi siamo partiti al sabato, abbiamo alloggiato a Madonna di Campiglio (dopo un veloce saluto alla piccola), abbiamo fatto un giro per il paese e alla sera abbiamo deciso di cenare in albergo.

Il cameriere (con marcato accento dell’est) ci ha fatti accomodare a un tavolo, specificando a bassa voce che “ci aveva riservato il posto migliore di tutta la sala“). Peccato che qualche minuto dopo abbia detto la stessa cosa alla coppia che si è seduta accanto a noi… e forse l’aveva detto a tutti quelli che stavano seduti lì, machissenefrega.

Il giorno dopo ci siamo recati a Pinzolo, abbiamo incontrato i genitori di altri ragazzi e tutti insieme abbiamo svolto l43-carla-howe-130307193124_bigle attività della giornata (visita al parco, messa, poi giro per il paese, aperitivo “di gruppo”, pranzo “libero” e poi giochi e via dicendo, finché nel tardo pomeriggio siamo tornati a casa.

Una bellissima giornata, quindi, rilassante, allegra. Un ricordo struggente del prima, quando ero ancora “normale“. Quando potevo guardare al futuro. Quando, in una parola, potevo vivere senza tante preoccupazioni.

Sono tornato un po’ razionale soltanto nel tardo pomeriggio, poco prima di uscire dall’ufficio: meglio tardi che mai.

Ho fatto una breve analisi della mia situazione e mi sono detto che ora è finito il momento delle ciance ed è arrivato il momento di combattere; di concentrarsi nella preparazione alla battaglia (come il cavaliere in alto a sinistra) e poi sguainare lo spadone: nella peggiore delle ipotesi, posso avere davanti qualche mese di guerra. Poi potrò tornare a guardare avanti e dire di avere sconfitto un tumore, che non è mica cosa di tutti i giorni, eh?

Voglio vedere gli altri, quando si lamenteranno del mal di schiena, dell’influenza, del mal di denti e io – zitto zitto cacchio cacchio – potrò sorridere sotto i baffi.

Almeno spero…

P.S.: che poi, come dimostra la signorina sulla destra, ci sono diversi modi di impugnare lo spadone…

Guerriero

 

21 gennaio 2015 Posted by | Un po' di me | , | 13 commenti

No comment…

Ritrovata oggi nel fare le pulizie tra le mie carte.

Letterina-1

 

 

18 gennaio 2015 Posted by | Notizie dal mondo fatato, Storie ordinarie | | 9 commenti

Ieri… oggi… domani?

snoopy1Il nuovo referto ha sostanzialmente confermato quello precedente.

C’è qualche termine diverso, ma la sostanza – per quanto io possa capire – è chiara: da qualche parte, tra la testa e il collo, c’è un tumore. Talmente piccolo che non si riesce a individuare e che è sfuggito a tutte le ricerche. Ma i medici dicono che il quadro è compatibile con la sua presenza.

Forse sarà questo che mi salverà (forse…).

A quale prezzo, cercheremo di capirlo prossimamente.

E qui mi fermo.

17 gennaio 2015 Posted by | Storie ordinarie | , | 19 commenti

Domani…

disperatoDomani, Aquila uscirà dall’ufficio nel primo pomeriggio e si dirigerà mestamente verso la sua automobile.

Domani, Aquila percorrerà la strada verso la grande metropoli padana, diretto al mega/super/iper centro medico specializzato che deve revisionare il suo esame che, qualche mese fa, ha impresso una svolta alla sua vita.

Domani, finirà non soltanto l’attesa, ma anche l’illusione che sia stato tutto un errore, un tragicomico errore e che in realtà la vita possa proseguire come prima, forse con un piccolo “aggiustamento”, ma niente di che.

Domani, occorrerà rivedere tutti gli impegni, le priorità, le speranze, i progetti e via dicendo. Tutte le cose che si potevano fare prima e che ora passano in ultimo piano.

Domani – è inutile negarlo -, quando avrò in mano la busta chiusa del referto, me la farò sotto al momento di aprirla (e non soltanto perché m’è costato ben 160 euro perché “sa, queste revisioni non sono mutuabili“).

Domani, avrò bisogno di metabolizzare, di elaborare e dovrò farlo da solo, perché le guerre si combattono insieme ai propri compagni, ma la preparazione alla battaglia si fa da soli.

Domani…

Oggi, c’è ancora un briciolo di speranza…

 

 

15 gennaio 2015 Posted by | Un po' di me | | 8 commenti