Non c’è due senza tre
Questo qui, qui da parte, è riuscito a infilare due stronzate di fila in due giorni, una dietro l’altra.
Prima martedì 14 a “8 e mezzo” dalla Gruber, poi il giorno dopo a un convegno, quando ha detto che i precari sono la “peggiore Italia”.
Come dice un proverbio, non c’è due senza tre e quindi è lecito aspettarsi anche la terza, tanto per tenere viva l’attenzione su un individuo che in un paese normale l’incarico di ministro potrebbe tutt’al più sognarselo la notte.
Vorrei però spendere due parole sul precariato, che pare essere un tratto distintivo della nostra società.
Ricordo nel 2001, quando uno dei primi provvedimenti del nuovo governo Berlusconi, accanto alla famosa battaglia per la modifica dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, fu una legge di modifica del lavoro a tempo determinato, ovviamente allargando le maglie per il suo utilizzo.
Ricordo che ai tempi ero assessore comunale e una sera, nel corso di una riunione dei consiglieri di maggioranza richiamai l’attenzione dei miei colleghi/compagni/amici su questa legge. In sostanza dissi: “Attenzione, questo è soltanto il primo passo di una politica che metterà sempre più in difficoltà la povera gente, i lavoratori, i pensionati. Noi come Comune dobbiamo prepararci a sostenere le famiglie che scivoleranno sempre più verso la povertà, calibrando con attenzione i nostri interventi. Dobbiamo prepararci a diminuire tasse e tariffe per i servizi primari per i ceti deboli e aumentarle ai più ricchi“.
Ovviamente i miei colleghi/compagni/amici se ne strafotterono di discutere di questi temi: la discussione si concentrò sulle paturnie di un assessore che voleva più deleghe per sè.
Oggi leggo del fenomeno precariato e del suo “veicolo” principale: i contratti di collaborazione.
I contratti di collaborazione sono lo strumento privilegiato per il precariato, perchè; a differenza dei contratti di lavoro a tempo determinato – che, bene o male, presentano più garanzie – possono essere rinnovati senza limiti.
Non è che le aziende risparmino molto sul versante contributivo, da quando hanno elevato le aliquote. E non è nemmeno detto che le aziende risparmino sui compensi ai lavoratori: vi sono lavoratori – per esempio gli infermieri – che spesso hanno maggiore potere contrattuale e spuntano compensi elevati.
La vera “manna” per le imprese è che i contratti di collaborazione o a progetto possono essere ripetuti all’infinito e chi non ha potere contrattuale è fregato.
Ma le imprese sono ovviamente colpevoli in parte. Il vero colpevole è chi ha capito che il precariato è una straordinaria forma di controllo e di ricatto sociale e quindi ben si guarda dall’adottare provvedimenti per ridurlo.
In questo senso si spiegano le parole di Brunetta.
Lo pseudo ministro non ha voluto dire che i precari sono l’Italia peggiore. Sarebbe ben strano se, dopo avere incentivato questo fenomeno, ora li insultasse. Lo pseudo ministro ha voluto dire che i precari che protestano sono l’Italia peggiore, perché non si adeguano.
P.S.: poi uno di questi giorni bisognerà anche parlare un po’ di una forma di sfruttamento e di precariato che nel nostro Paese imperversa da decenni, con la copertura di tutte le forze politiche: le cooperative. Ma c’è tempo… Tanto ora parleremo per un paio di settimane di Pontida…
Non ci resta che sognare…