Hitler era innocente
Non sono impazzito e quella del titolo non è (almeno non ancora) l’ultima affermazione di qualche dirigente di Alleanza Nazionale.
“HITLER ERA INNOCENTE” è l’ultimo romanzo di Aldo Moscatelli, pubblicato per la casa editrice “I Sognatori” (http://www.casadeisognatori.com/2home_page.htm.
La copertina del libro è nera, completamente nera, senza alcuna scritta o segno che indichi dov’è il davanti e il didietro, il sopra e il sotto, come nero e buio fu il periodo del nazismo.
“Hitler era innocente” è un romanzo ambientato in un lager nazista, il lager chiamato – ironia della sorte – “Libertà“. Al cancello d’ingresso del lager spicca la scritta con il motto del campo: “L’uomo libero non pensa, esegue“.
La voce narrante è quella di uno dei tanti detenuti, un ex libraio accusato di simpatie verso l’ateismo, l’omosessualità, la filosofia libertaria. Sulla divisa gli cuciscono il triangolo nero, simbolo degli asociali. Poi ci sono i triangoli rosa degli omosessuali, verde dei criminali, rosso dei politici e giallo degli ebrei.
La vita nel campo si snoda attraverso le violenze e le uccisioni dei nazisti e la resistenza fisica e morale dei prigionieri, capaci anche di veri e propri gesti di eroismo. Ed essere eroi, in quelle condizioni, a volte poteva anche voler dire semplicemente alzare lo sguardo su un soldato o pronunciare una parola con l’accento sbagliato.
Alla fine i prigionieri riusciranno, in modo rocambolesco, a liberarsi, a pochi giorni dall’arrivo dei liberatori russi e nell’ormai avviata fine dell’avventura nazista.
Ma la fine reale del libro sta un po’ più in là. Non la svelo, ma lascia tanta amarezza addosso.
Che dire? Il libro mi ha fatto tornare in mente alcuni racconti di due miei zii, prigionieri in campi di concentramento nazisti. Mio padre dopo l’8 settembre riuscì ad evitarli, ma loro no. Uno dei due si ammalò ai polmoni e si portò dietro la malattia fino alla sua morte. L’altro ebbe la fortuna di lavorare come bergamino nella stalla del campo, per cui poteva bere latte, per integrare il magro rancio distribuito ai prigionieri. A volte avevo l’impressione che, durante i loro racconti, quasi si dovessero vergognare – loro – per quello che avevano subito.
Poi in questi giorni ho visto alcuni spezzoni dei documentari sul nazismo su Rai3. Ne ricordo uno in particolare, che mostrava alcune scene prese da un campo di prigionia.
In una si vedeva un soldato tedesco (soldato sembra quasi un eufemismo…) che separava una donna da un bimbo piccolo. La spingeva a calci verso un altro gurppo di persone, mentre il bimbo rimaneva solo, in mezzo ad uno spiazzo.
In un’altra si vedeva un altro soldato (!) tedesco che con un bastone spingeva in alto il volto di una donna anziana, per mostrarla alla telecamera.
E infine nell’ultima, orrenda, che ricordo, si vedevano cataste di cadaveri di bambini, alcuni malvestiti, alcuni completamente nudi, utilizzati – spiegava il narratore – per non meglio precisati “esperimenti”.
La lotta al nazismo e al fascismo è uno dei caratteri fondanti dell’Europa e occorre mantenere ben dritte le antenne per evitare che tornino, anche se mascherati da altro.
Non ci possono essere tentennamenti su questo. Non è in discussione la buona fede dei singoli. Vi fu chi, in quegli anni bui, combatté dalla parte sbagliata. Quei morti meritano rispetto come tutti i morti e non possono essere svillaneggiati, ma non stavano dalla parte giusta.
Il libro ha avuto il merito di farmi ricordare, di farmi riflettere. Si legge agevolmente, malgrado il tema difficile. Non è “fantasioso”: la realtà fu molto peggio.
La fine, come dicevo, lascia un po’ l’amaro in bocca, ma è un monito che dovrebbe trasformarsi in un impegno.
Una settimana da dimenticare.
Quella che si chiude oggi è stata per il sottoscritto una settimana pessima, orribile, schifosa, terrificante e chi ha altri sinonimi li aggiunga pure.
Non tanto per l’inizio del lavoro o per la fine dell’estate, anche dal punto di vista meteorologico.
No, niente di tutto questo.
E’ stata terrificante perché da lunedì pomeriggio sono stato aggredito da un dolore fisico che mi ha tormentato, più o meno pesantemente, fino a venerdì. Per alcune notti mi ha impedito di dormire tranquillamente e così per tutta la settimana ho fatto una fatica tremenda a lavorare. Ho resistito fino a venerdì (Brunetta, stai leggendo?) e poi sono andato dal medico.
Il medico mi ha visitato e alla fine ha sentenziato: “Al tatto non si sente niente. Potrebbe essere una infiammazione oppure qualcos’altro.” e mi ha prescritto alcuni esami, nonché una piccola medicina.
Il dolore, che già venerdì stava diminuendo, oggi è quasi scomparso ed è la prima giornata, da lunedì, che sono tranquillo.
Le analisi non mi fanno paura più di tanto, anche perché le paure vanno comunque affrontate.
A metà settimana c’è stato addirittura un momento in cui temevo che il medico mi avesse fatto ricoverare urgentemente all’ospedale ed avevo già preparato la borsa di portarmi dietro. E c’è stato addirittura un momento, non lo nego, nel quale ho temuto di non poter più prendere in braccio la piccolina (che pesa la bellezza di trenta chili) o corre e saltare con lei.
Speriamo bene…